Raccontami un concerto: Glen Hansard in tour al Fabrique di Chiara Francese
Se Freud sapesse che mi curo la tristezza forte andando ai concerti, forse piangerebbe sui suoi tomi.
La Musica è una redenzione, aiuta a rilasciare tossine negative che non fanno parte di noi e che l’ambiente in cui ci relazioniamo ci propina.
Non posso proteggermi più di tanto dal mondo.
Perché proteggersi significherebbe mettere strati su strati di corteccia sui canali da cui passano quelle emozioni fuori controllo che hanno i bambini soltanto. Sarebbe come rifarsi le tette per sentirsi più donna, ma perdere per sempre la sensibilità ai capezzoli. Io ho le emozioni “da capezzolo”, sento tutto, a palla, sempre. Sono come “Undici” quando s’incazza forte. E Glen l’ho aspettato tanto e come tutte le cose belle, è valsa la pena aspettarlo per così tanti anni.
Tre ore di concerto, una band pazzesca. Dal buio del parterre – dove noi diversamente alti vediamo solitamente apparire i musicisti come fuochi fatui in mezzo al deserto – a tempo di musica, tra le silhouettes del pubblico, facevano la loro comparsa, come illuminati da un occhio di bue, violino, sax, chitarra e voce, tanto da pensare che fosse magia nera o forse “magia in mezzo al nero”.
E se avessi saputo che bastava chiedergli una canzone che non faceva da tempo, per sentirsi rispondere “la faccio solo se sali a cantarla tu”, come ha fatto un tale Renato, invidiato credo da tutti, gli avrei scritto e avrei starnazzato come una pazza davanti al microfono in un inglese stentoreo pur di vivere quella roba lì. E Renato era pure infastidito quando Glen ha cercato di duettare con lui, alla “Ouh, tipo, levate che ‘sso Renato e vojo cantà che sso’n drago”.
E non ho mai visto pubblico più attento e silenzioso. Non volava una mosca mentre le canzoni venivano snocciolate come le preghiere di un rosario. Tra una sorsata di vino direttamente dalla bottiglia a teatrini pieni di una simpatia strampalata, umile, quella che solo i grandi artisti hanno, ché non hanno nulla da dimostrare, ché è già tutto nel loro Esistere sul palco, l’Emozione ha fatto il resto.