Settimana scorsa sul sito di The Atlantic è apparso un articolo scritto di pugno da Dave Grohl – per chi non lo conoscesse, ex batterista dei Nirvana, fondatore dei Foo Fighters e uomo che ogni donna appassionata di rock vorrebbe clonare e avere al proprio fianco.
L’articolo fa parte di Uncharted, la rubrica sul mondo prima e dopo il Covid-19. Tra spunti e riflessioni su come sarà la vita quotidiana in un mondo senza strette di mano e rivoluzionato dallo smart working, The Atlantic ha dato voce alla domanda che noi ci siamo posti ogni giorno dall’inizio della pandemia (se siete arrivati sul nostro sito, probabilmente ve lo siete chiesti anche voi): potremo mai fare a meno della musica dal vivo?
La risposta di Dave arriva subito, forte e chiara: NO, non possiamo.
Segue un lungo sfogo arricchito di aneddoti dei concerti e racconti del “Dave fan” che poga in mezzo alla folla e del “Dave artista”, che dal palco ha la prospettiva migliore perché “ci vede”. Entrambi i Dave hanno fame di tutto quello che la musica dal vivo riesce a trasmettere, esattamente come noi:
«Ho bisogno di sudore, di brividi, di rock ‘n roll dal vivo, al più presto! Quel rock che fa battere il cuore, muove il corpo e scuote l’anima di passione.»
Se già dal titolo ci era sobbalzato il cuore, l’articolo ci è piaciuto così tanto che abbiamo deciso di tradurre e riproporre qui i passaggi che ci hanno emozionato di più.
«Niente è come l’energia e l’atmosfera della musica dal vivo. L’esperienza più appagante è vedere il proprio artista preferito, in carne ed ossa, sul palco.»
«Niente è come l’energia e l’atmosfera della musica dal vivo. L’esperienza più appagante è vedere il proprio artista preferito, in carne ed ossa, sul palco. Non è come guardare un’immagine monodimensionale che ti brilla in grembo a mezzanotte nella spirale spazio-temporale di Youtube. Anche i supereroi che più amiamo diventano umani quando li vediamo dal vivo. […] Frequento concerti da una vita e conosco bene le sensazioni che si provano. Io stesso sono stato schiacciato contro la transenna a un concerto rock. Ho fatto air-drumming delle mie canzoni preferite sugli spalti e mi sono trovato in mezzo alla folla, a ballare mentre la musica raggiungeva livelli di decibel pericolosi. Degli sconosciuti mi hanno sollevato e portato sul palco per tuffarmi tra le braccia sudate. Ho cantato a squarciagola abbracciato a persone che non avrei più rivisto. Tutto per celebrare e sentire il potere tangibile e condiviso della musica».
«Tutto per celebrare e sentire il potere tangibile e condiviso della musica.»
Questo lato fan di Dave Grohl, se possibile, ce lo fa amare ancora di più. Scoprire che un super eroe del rock vive le nostre stesse emozioni ci permette di identificarci in lui, soprattutto quando racconta che dal palco cerca lo stesso legame con il pubblico che noi dal parterre cerchiamo con l’artista.
«Non per vantarmi, ma per 25 anni ho visto i concerti dal posto più bello. Perché io vi vedo. Vi vedo mentre cantate, schiacciati in transenna.»
«Non per vantarmi, ma per 25 anni ho visto i concerti dal posto più bello. Perché io vi vedo. Vi vedo mentre cantate, schiacciati in transenna. Vi vedo là sugli spalti mentre fate air-drumming delle vostre canzoni preferite. Vi vedo mentre la folla vi solleva e vi porta sul palco per tuffarvi tra le braccia sudate. Vedo i cartelli scritti a mano e le magliette vintage. Sento le vostre risate, le vostre urla e vedo le vostre lacrime. Vi ho visti sbadigliare (sì, ho visto anche te) e vi ho visti svenire ubriachi da seduti. Vi ho visti con venti di tempesta, con 40 gradi, con temperature sotto lo zero. Ho anche visto alcuni di voi invecchiare e diventare genitori, e ora vedo i vostri bambini con le cuffie protettive che rimbalzano sulle vostre spalle.
E ad ogni live, quando dico al tecnico delle luci “Illuminali!”, lo faccio per vedere il palazzetto restringersi e per unirmi a voi sotto una luce intensa e diretta.»
Queste parole ci arrivano come un abbraccio virtuale, e la voglia di tornare a rivivere tutte quelle emozioni è più forte di ogni paura e ipocondria. Torneremo ai concerti e, appena potremo farlo, torneremo anche a cantare abbracciati. Perché ne abbiamo bisogno:
«Abbiamo bisogno di momenti che ci ricordino che non siamo soli. Che qualcuno ci capisce.»
«Non possiamo farne a meno. Siamo umani. Abbiamo bisogno di momenti che ci ricordino che non siamo soli. Che qualcuno ci capisce. Che non siamo perfetti. E, soprattutto, che abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Ho condiviso la mia musica, le mie parole, la mia vita con le persone che vengono ai nostri concerti. E loro hanno condiviso le loro voci con me. Senza quel pubblico – quel pubblico urlante e sudato – le mie canzoni sarebbero solo suoni. Ma, insieme, siamo tutti strumenti di una cattedrale sonora, una cattedrale che costruiamo insieme concerto dopo concerto. Una cattedrale che sicuramente costruiremo di nuovo.»
Facciamo tesoro di queste parole e ne facciamo il nostro manifesto: saranno il motore della nostra ripartenza.
Ancora non sappiamo come e quando succederà, ma TORNEREMO.
(Traduzioni e articolo di Maria Laura Fiorentini)
Foto credits: Henry Ruggeri (scattata durante il leggendario concerto dei Foo Fighters a Cesena)