Mi sto preparando per il primo appuntamento dopo la quarantena: un po’ di profumo sul collo, un filo di mascara, mascherina e scappo via di casa mentre mi infilo le cuffie. Clicco play su una playlist di canzoni nuove da ascoltare e parte Quetzal: è così che incontro per la prima volta Cheriach Re e adesso non riesco a farne a meno.
Sin dalle prime note della chitarra, malinconica, il corpo mi chiede di soffermarmi un attimo ad ascoltare con attenzione cosa questo brano ha da dirmi perché, chissà come, già sapevo che non sarebbe stato banale.
Non si vede neanche un aereo
ma c’è un inquinamento di pensieri
di “mi manchi” e di “come stai?”
di linee telefoniche intasate
di aperitivi in videochiamate
La voce di Valeria inizia a sussurrare tutti quei dettagli dell’isolamento forzato che hanno scandito i tre mesi vissuti da sola in una città in cui mi sono trasferita da poco, in cui non ho ancora abitudini o punti fissi. Mi viene subito un nodo alla gola, ripensando alle mie amiche, alla mia famiglia, a quelle persone che mi hanno tenuto compagnia in questi mesi…
«Ti ricordi fuori com’è?», me lo domanda proprio mentre il tram scivola sui binari e dal finestrino scorrono le palme dei viali di Valencia sotto un cielo rosato. Me lo domanda proprio mentre sto iniziando lentamente a rivedere «fuori com’è» e a ricostruire una quotidianità.
Ho una sensazione strana, forse è il nodo alla gola che si sta trasformando in qualcosa di più: è come se mi stesse dicendo di dare peso e non dimenticare le lacrime versate nei momenti bui della quarantena, di non scordare la sensazione di tristezza e i momenti in cui mi sono coccolata e mi sono occupata di me stessa. È come se mi stesse dicendo: torna alla normalità, «a pianificare viaggi in posti bellissimi», a volare come un Quetzal. Torna ma non dimenticare la solitudine e i pensieri della quarantena perché è grazie a questa pausa che è nata la voglia e l’euforia di vivere tutto meglio, «di fare progetti» e «farli più belli», di dare qualità a quello che vivi, di far brillare questa normalità che prima di Marzo avevi dato per scontata.
Vorrei ringraziare Cheriach Re per questo brano, per la sua positività, per aver dato un timbro dolce e delicato alla mia voce interiore, voce che nei mesi in cui affrontavo il lockdown ha provato a darmi forza. Valeria mi fa lo stesso effetto che mi fece Natalia Lafourcade qualche anno fa con Hasta La Raiz, quando in un momento difficile le parole della cantante messicana mi portarono a riflettere e ad ascoltare meglio me stessa (adesso è una delle mie autrici preferite).
Continuo ad ascoltare in loop la canzone, mentre inizio a sorridere con gli occhi aperti, contribuendo all’«inquinamento di pensieri».
Il peggio è passato, adesso è il momento di assaporare tutto meglio: persino la paella di questo primo appuntamento post-quarantena mi è sembrata più buona.
#nonchiamatelafissa di Maria Zigrino