A nove mesi dall’uscita di Come Conchiglie, figlio della prima quarantena e di un periodo di introspezione e silenzi sospesi, in cui tutto era paura di perdere i colori di un mondo a tinte forti e malinconia di ciò che era normalità, arriva Come un animale che, stavolta, è figlio di una gestazione piena di impazienza, di energia cinetica compressa, di progetti e idee tarpati, di rabbia e voglia di fare. Il tutto compresso in bottigliette alla Alice in Worderland, con le loro etichette “Drink me (as soon as possible)” messe lì, sugli scaffali delle casalinghe sale prova di ogni componente, sperando che invecchino bene come il vino e non si trasformino in aceto.

Questo brano – la cui intro mi ricorda i fischi di entusiasmo del pubblico dei Fask a uno dei loro concerti, a cornice di ogni pezzo – è una potente miscela esplosiva, che a noi fan che, come loro, siamo in debito di ossigeno da live, lascia la sensazione dell’acido lattico che si accumula nelle gambe dopo che hai saltato di felicità per anni e ti hanno costretto, poi, a stare fermo e ora non sai più come farlo senza farti male.

Al popolo della musica live, l’acido lattico ormai si è sparso anche per tutta l’anima. Siamo come questa canzone: con i sentimenti indolenziti per la mancanza di esercizio e i denti perennemente digrignati a ringhiare la nostra rabbia muta contro chi non capisce che l’arte nutre, sfoga, libera, rende mansueti perché libera in corpo ossitocina necessaria ad un paese in cui i sorrisi, ormai, sono sempre più tirati.


#nonchiamatelafissa di Chiara Francese