La prima volta che ho sentito Massimo Pericolo me la ricordo bene. Ero in ufficio, un mio collega mi faceva vedere su YouTube dei “nuovi pischelli che spaccano” e tra questi c’era lui, incazzato, aggressivo, zarro. Fin troppo per la me di due anni fa, ancora in fase di svezzamento nel magico mondo del rap.

Due anni dopo, certe cose ho iniziato a capirle e hanno iniziato a farmi sfarfallare lo stomaco. Massimo Pericolo, dal suo canto, ha dimostrato di avere straordinarie doti da liricista, figlie di quella stessa rabbia che mi aveva tanto turbato, e di saperle impiegare anche in brani apparentemente meno incazzati ma che, forse proprio per questo, arrivano dritti come pugni allo stomaco. Bugie è uno di questi.

Un pezzo di una potenza destabilizzante, così brutalmente diretto da essere quasi disturbante, da farti sentire a disagio nella tua stessa pelle. Niente fronzoli, nessuna articolata metafora, solo una nuda e cruda panoramica sulle ipocrisie e le dinamiche malate della nostra società. Una pura constatazione dei fatti che non lascia scampo, perché «la verità è soltanto un bluff, la sola verità è che non ce n’è».

Se, però, una via d’uscita può essere immaginata – non fatemi chiudere senza una nota di speranza, vi prego – di certo la via giusta si chiama “presa di coscienza” e Bugie punta in quella direzione.


#nonchiamatelafissa di Federica Sessa