Quando i Ministri li conosci da più di un decennio e la tua vita si è avviluppata per “colpa” loro, ad album usciti, km percorsi, live visti, persone conosciute, beh… hai una visione piuttosto chiara di chi hai davanti. La vera difficoltà sta nel rendere a parole ciò che ti trasmettono.

Questo EP è composto da quattro brani in cui ci sono “i Ministri che fanno i Ministri”, punto. E quindi? Quindi sfrutto l’uso sapiente di similitudini suggeritemi dalla mia amica Ele:
«Questo EP dei Ministri è come il suono della sveglia una mattina in cui dormi profondamente e hai dimenticato che devi andare a lavorare, e il capo ti sta pure sul cazzo; è come realizzare che la persona che ti sta di fianco è quella sbagliata dal modo in cui commenta il TG, perché sì, sei tu ad averla idealizzata; è come avere fatto i conti sui risparmi ed essere sicura che tutto andrà bene, ma, ovvio, la macchina si rompe.»
…è come dover congelare dei progetti fighi, perdere opportunità attese a lungo, e trovarsi tappati in casa all’improvviso perché è scoppiata una pandemia. È come doversi adattare a un disagio imposto dall’alto, e smetterla di ripetere che andrà tutto bene, ma iniziare a gridarlo, il disagio e l’ipocrisia del mondo che è andato in letargo.

Foto di Chiara Mirelli

Un EP come una secchiata d’acqua, quattro brani come quattro schiaffi in faccia, per risvegliarsi e alzare la voce.
Utile, necessario, a tratti difficile, ma reale.
Come la consapevolezza.

E, come sempre, un EP di nuove canzoni dei Ministri suona come l’attesa di rivederli dal vivo, di potersi “riabbracciare” post-concerto, tra una birretta e un aneddoto su viaggi e peripezie di vita. La vera sfida sarà ascoltarli restando seduti “ai concerti con le sedie”.


#nonchiamatelafissa di Viviana Protti