«Si chiama “I due eschimesi dell’isola di Baffin” ed è il pezzo più assurdo che abbiamo mai fatto». Così me lo descriveva Cipo qualche settimana prima della sua uscita, lasciandomi un po’ diffidente: di pezzi assurdi ne hanno fatti parecchi, potevano davvero tirar fuori qualcosa di così inedito?
Beh, sì. Potevano.
“I due eschimesi dell’isola di Baffin” è davvero un pezzo assurdo, una canzone che non ha una direzione, o meglio, che di direzioni ne prende quasi troppe, in un effetto di disorientamento travolgente – per capirci, first reaction: shock. Il primo ascolto ti lascia così, con un “cosa sto ascoltando?!” gigantesco stampato in faccia e un’unica certezza: devi risentirlo. Dal secondo ascolto in poi, solo amore e un ritornello appiccicato in testa.
Non sono affatto sicura di aver capito tutto quello che succede in questi tre minuti e ventisette secondi pieni di idee, immagini e riferimenti, ma va bene così; certo, continuerò a sviscerare il brano verso per verso in cerca di significati reconditi, ma è bello anche non capirci niente ogni tanto.
«Aiutami a capire questa mia canzone», cantano loro, come ad ammettere che, qualsiasi sia il significato, è fuggevole, pronto a scappare da una parte all’altra per approdare a un ritornello frenetico che ti conquista con il suo ipnotico «come prende bene», una sorta di mantra ripetuto per una dose di “presa bene” auto-indotta.
Del resto, la “presa bene” con Cecco e Cipo è di casa quasi a prescindere dal brano: anche in quelli più lenti e riflessivi sanno sempre regalarmi la loro dose di positività, con quel modo unico che hanno di raccontare le cose, di pancia, con la stessa naturalezza e urgenza con cui si mangia un panino alle tre di notte, da brilli.
Così, con la pancia piena e il cuore anche, sto ben attenta a godermela tutta, questa sana dose di buon umore e assurdità, mentre aspetto che arrivi un nuovo album a farmi innamorare… ancora un’altra volta.
#nonchiamatelafissa di Federica Sessa